
Epoca Romana
I Romani vengono spesso ricordati per i loro cibi esotici, ma la
maggior parte della gente si nutriva solo di pane, farinate di grano,
verdure e fagioli, mangiava raramente la carne e il pesce fresco era
costoso e difficile da trovare. Si faceva grande uso di spezie ed erbe per
rendere piatti più gustosi; inoltre le pentole i tegami in bronzo, i
cucchiai di legno, i coltelli in bronzo o ferro ci permettono di sapere
che cucinavano in modo molto simile al nostro: gli utensili di un buon
cuoco non sono cambiati molto dal tempo dei romani, infatti un cuoco
moderno dovrebbe essere in grado di usare praticamente qualunque cosa si
trovasse in una cucina romana e, a parte lo stupore per gli apparecchi
elettrici, un cuoco romano dovrebbe trovarsi a proprio agio in una cucina
moderna.
Ai pranzi formali i cuochi romani cercavano di preparare il cibo in
modo che gli ospiti non potessero riconoscere cosa fosse. Lo si faceva per
gioco e gli anfitrioni romani amavano sorprendere i loro ospiti con piatti
strani, come il topo cucinato con il miele, le lingue di fenicottero
saltate o il maiale selvatico cotto al forno ripieno di uccelli vivi.
Forse, dopo tutto, era una buona idea non dire agli ospiti che cosa
era previsto nel menù!
Nessun cibo era troppo esotico per i Romani, infatti, per
impressionare gli ospiti, gli anfitrioni facevano arrivare animali
sconosciuti e spezie da ogni parte dell’impero. Gli uccelli erano uno dei
cibi preferiti: una ricetta, tratta da un antico libro di cucina, spiega
come preparare gli uccelli canterini con salsa di asparagi e uova di
quaglia.
La maggior parte delle famiglie romane non aveva spazio per una cucina
separata dal resto della casa, cucinava piatti semplici in pentole di
bronzo o di ferro su piccoli fuochi a carbone di legna, vasi d’argilla e
vetro contenevano il cibo ed i condimenti. Di fatto, cucinare nei piccoli
appartamenti romani era così difficile, che molte persone portavano il cibo
dal panettiere del quartiere e pagavano una piccola somma per farlo cuoce
nel forno. Le cucine nelle ville dei Romani benestanti invece erano dotate
di tutti gli attrezzi per preparare pranzi elaborati.
Alcuni cuochi moderni hanno tradotto un antico libro di cucina che si
suppone sia stato scritto da un romano di nome Apicio. Oggi chiunque può
prepararne le ricette per avere un’idea della cucina romana. La leggenda
narra che Apicio amava a tal punto la buona cucina che si suicidò quando
capì di non avere più abbastanza denaro per mangiare secondo le sue
consuetudini.
Rosso o bianco, dolce o secco, i Romani gustavano ogni tipo di vino. Il
vino, disse un antico scrittore, è vita.
Lo bevevano caldo la mattina per mandare via il raffreddore, era
servito con il pasto principale della giornata e veniva bevuto perfino
dagli spettatori durante le lotte dei gladiatori al Colosseo.
Nessun romano, né ricco né povero, mangiava un pasto senza bere vino.
Allo stesso modo dei Greci, i Romani mischiavano il vino con l’acqua prima
di servirlo; lo scrittore Plinio il Vecchio riferisce che i Romani avevano
a disposizione più di 200 qualità di vino.
Gli intenditori preferivano i vini invecchiati dai dieci ai venti anni
provenienti dalle isole greche a da alcuni vigneti romani. I ricchi ospiti
romani potevano ostentare il proprio benessere e la propria raffinatezza
servendo vini pregiati raffreddati con neve o ghiaccio fatti venire, a
costi elevati, dalle montagne. I romani spesso mischiavano il miele con
vino per berlo prima di cena, questo aperitivo era chiamato mulso e si
riteneva che aiutasse la digestione.
Nelle città come Roma, i fornai professionisti macinavano il grano
trasformandolo in farina e cucinavano la maggior parte del pane destinata
ai cittadini comuni. Macinare il grano era un lavoro così faticoso, che
solo gli schiavi e i cittadini più poveri, che non riuscivano a trovare
altre occupazioni, erano disposti a lavorare nei mulini e nei forni.
Quando gli schiavi scarseggiavano il lavoro veniva affidato agli asini.
Nelle case dei benestanti, erano le schiave ad avere il compito di
macinare ogni giorno il grano e di cuocere il pane per i loro padroni.
Qualunque fosse il menù i Romani mangiavano il pane ad ogni pasto:
panini, pagnotte piatte e rotonde; i fornai di Roma preparavano ogni tipo
di pane e gli anfitrioni offrivano ai loro ospiti torte con il miele.
Il ketchup dei Romani? I Romani non conoscevano i pomodori, ma
mettevano un salsa di pesce su ogni cosa e, considerato ciò che
mangiavano, quella salsa non era poi tanto male come potrebbe sembrare.
Qualsiasi cosa preparassero, fossero fegati di pesce o uccelli cotti
al forno dentro uova di struzzo, i cuochi romani cercavano di avere sempre
a portata di mano salsa di pesce in abbondanza. Questa veniva chiamata
garum e di solito veniva preparata con acciughe e sgombri non privati
delle interiora, mischiati ad acqua salata e molte spezie, “cucinavano” il
garum lasciandolo macerare al sole. Oggi è difficile dire se ai Romani
piacesse quella salsa perché aromatizzava il cibo o semplicemente perché
nascondeva il cattivo sapore della carne e del pesce mal
conservati.
I soldati romani portavano il garum nelle campagne militari. In
ogni paese, che abbia fatto parte dell’Impero romano, gli archeologi hanno
trovato piccoli vasi di vetro in cui veniva conservata questa salsa di
pesce.
Nel quadro abbiamo rappresentato il triclinium, una stanza speciale
riservata alla cena: intorno al tavolo rotondo si disponevano tre letti,
su ogni letto prendevano posto tre commensali che mangiavano stando
sdraiati di sbieco col gomito del braccio sinistro appoggiato ad un
cuscino. La tavola era rotonda, priva di tovaglia, invece il tovagliolo
esisteva: o era fornito dall’anfitrione, o i commensali lo portavano con
sé da casa e alcuni se ne servivano per metterci dentro gli avanzi. La
povera gente per mangiare si serviva di vasellame di coccio, nei grandi
banchetti piatti e vasi erano d’argento, le coppe di cristallo, spesso
ornate di gemme o se di metallo di bizzarre decorazioni: lo testimoniano
alcune coppe d’argento ornate di scheletri gesticolanti. Il tema dello
scheletro era ricorrente: in un triclinio romano il pavimento a mosaico è
ornato da un grosso teschio (che noi abbiamo riprodotto), evidentemente il
ricordare la necessità della morte era al tempo stesso un monito e un
invito a divertirsi.

Anche il
grande e progredito impero romano cadrà sotto la spinta inarrestabile
delle invasioni barbariche che causeranno lo smantellamento del sistema,
i contadini abbandoneranno le campagne per cercare rifugi più sicuri.
Per un
lungo periodo la fame sarà un vero flagello, carestie e pestilenze
decimeranno le popolazioni.
Verrà il Medio Evo...
 
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