EURO-DAY
ATTIVITA' DI FORMAZIONE/INFORMAZIONE SULL'EURO
A quaranta anni dalla firma del Trattato di Roma che
istituisce la CEE (Comunità economica europea) è stato realizzato il
segmento più importante del processo di integrazione europea, la moneta
unica, denominata Euro nel vertice di Madrid del 1995. Dal 1-1-2002 l'Euro
avrà corso legale negli 11 paesi (Belgio, Germania, Spagna, Francia,
Irlanda, Italia, Lussemburgo, Paesi Bassi, Austria, Portogallo, Finlandia)
che nel week-end del 1° maggio 1998, al vertice europeo di Bruxelles, sono
stati promossi per aver soddisfatto i 5 parametri di Mastricht: stabilità
del cambio, tasso di interesse, inflazione, disavanzo e debito pubblico
entro i valori di riferimento.
Le tappe dell'Euro prevedono: un periodo di
preparazione fino al 31 dicembre 1998, per la fissazione dei cambi tra le
monete europee (cd. parità bilaterali) e la nomina dei membri della B.C.E.
(Banca centrale europea); un periodo di transizione, dal 1-1-1999 al
31-12-2001, per la determinazione del cambio definitivo tra Euro e monete
nazionali (cd. parità centrali), l'introduzione dell'Euro come moneta
scritturale (possibilità di apertura di conti correnti, pagamento di
tasse, accreditamento di stipendio e pensioni, acquisto di titoli di stato
etc.), sostituzione ECU-Euro nel rapporto 1 a 1; un periodo di coesistenza
tra Euro e monete nazionali dal 1° gennaio al 30 giugno 2002; la
definitiva introduzione dell'Euro e ritiro delle monete nazionali dal 1°
luglio 2002 o prima secondo il parere dell'UE (Unione europea) e del
S.E.B.C. (Sistema europeo delle banche centrali).
Nessuna improvvisazione dunque, ma progetto, sofferto
teoricamente e concretamente, che già spiriti illuminati e lungimiranti
avevano indicato come punto di non ritorno della costruzione europea. La
prima proposta di divisa unica porta il nome di "piano Werner" e la data
del 7 ottobre 1970; prefigurava la creazione di una unione economica e
monetaria in tre fasi, da attuare in 10 anni.
Il piano Werner non ebbe seguito e gli stati membri,
per evitare fluttuazioni eccessive fra le monete europee, nel 1972 a
Basilea, crearono il "serpente monetario": un meccanismo di cambio che
aveva lo scopo di assicurare un'area di stabilità monetaria con
oscillazioni entro margini ristretti ed aggancio all'andamento del dollaro
statunitense, fluttuante dal 1970. da quando la guerra del Vietnam e la
crisi finanziaria americana avevano decretato il tramonto del "sistema dei
cambi fissi", istituito nel 1945 con l'accordo di Bretton Woods. Questo
accordo aveva garantito una relativa stabilità dei cambi fino alla fine
degli anni '60, periodo in cui la situazione economica dei paesi europei
conosce un rapido boom.
Il serpente monetario ebbe vita travagliata per motivi
politici e ragioni strettamente economiche. Gli anni '70 infatti
rappresentano un periodo di forte instabilità per l'economia mondiale a
causa della crisi petrolifera e della conseguente elevata inflazione. Così
nel 1979 viene creato il "sistema monetario europeo" (S.M.E.).
Questo sistema aveva come obiettivo la creazione di
una zona di stabilità monetaria attraverso politiche comuni in materia di
cambi, crediti e trasferimenti di risorse.
L'elemento cardine del sistema è l'ECU (European
currency unit), sigla per indicare l'unità valutaria europea. Tra il 1992
ed il 1993 anche lo SME entra in una fase di crisi profonda. Nel settembre
1992 escono dal sistema la sterlina e la lira, che vi rientra però,
definitivamente, nel novembre 1996.
Il punto di svolta nel processo di integrazione
economica e monetaria si ebbe nel giugno 1988, nel corso del vertice di
Hannover ; un comitato di saggi, presieduto da Jacques Delors, allora
presidente della Commissione Europea, ebbe il compito di studiare e
proporre le tappe concrete per giungere all'unione economica e monetaria (U.E.M.).
Il rapporto Delors, approvato a Madrid nell'aprile 1989, riprendeva, nelle
grandi linee, il Rapporto Werner del 1970. Per dare corso al Rapporto
Delors occorrevano però profonde modifiche ai precedenti trattati
istitutivi della Comunità, perciò nel dicembre 1991 il Consiglio europeo
di Mastricht ha varato un nuovo Trattato istitutivo dell'Unione europea
per fissare le regole dell'U.P.E. (Unione politica europea) e dell'U.E.M.
Il trattato è stato firmato nella cittadina olandese il 7 febbraio 1992 ed
è entrato in vigore nel novembre 1993. Esso contiene diverse novità
rispetto al Trattato di Roma del 1957.
Riprende sostanzialmente i contenuti del Rapporto
Delors e fissa le scadenze delle tre tappe per giungere alla moneta unica:
la prima già iniziata nel 1990 con la liberalizzazione della circolazione
dei capitali, la seconda fissata al 1-1-1994 con la creazione, a
Francoforte, dell'I.M.E. (Istituto monetario europeo) embrione della
B.C.E. che dal 1-1-1999 gestirà la politica monetaria.
Nel dicembre 1996, nel vertice di Dublino, viene messo
a punto il "Patto di stabilità e crescita" completato ad Amsterdam nel
giugno 1997 da un capitolo sull'occupazione. In questi due consigli
europei, oltre alle decisioni relative ai rapporti tra le monete dei paesi
che entreranno successivamente nell'Unione monetaria (lo SME 2) sono state
definite le "regole" di buona condotta, con "misure" per preventive e
dissuasive che gli 11 paesi ammessi alla moneta unica debbono rispettare
per garantire la stabilità monetaria.
Il cammino descritto non è stato lineare, ma
difficile; frenato da tempeste valutarie, speculazioni finanziarie,
ragioni politiche di principio, imbrogli intellettuali. Danimarca e Gran
Bretagna hanno ritenuto la moneta unica un passo troppo radicale verso
l'integrazione europea.
Il presidente francese Valery Giscard d'Estaing
indicava come nemici di questa moneta gli operatori di cambio, il cui
costo valutato in 25 miliardi di dollari all'anno, gli faceva ripetere che
"uno studio sui profitti degli intermediari di ogni genere avrebbe un
potente valore didascalico sull'opinione pubblica".
L'imbroglio intellettuale sta nel far credere alla
gente che le difficoltà economiche e sociali siano colpa dei criteri di
convergenza economica di Mastricht, imposti dai burocrati di Bruxelles
contro la volontà e gli interessi dei cittadini.
E' vero esattamente l'opposto: soltanto il risanamento
delle finanze pubbliche potrà permettere di mantenere, migliorare e
consolidare il "modello europeo di società" basato sulla solidarietà;
soltanto l'azzeramento del debito pubblico e dei conti con l'estero
permetterà investimenti, miglioramento dei servizi pubblici, ricerca,
iniziative in favore dell'occupazione.
Con l'avvento della moneta unica i benefici per le
imprese e i cittadini saranno tangibili sia per la scomparsa dei costi di
cambio e di intermediazione che per la maggiore stabilità del quadro
economico complessivo. Gli operatori economici potranno investire i
risparmi delle transazioni finanziarie in innovazioni strutturali,
qualità, occupazione; i cittadini misureranno il maggiore potere
d'acquisto del denaro, protetto da una moneta forte e sosterranno minori
tassi di interesse su prestiti e mutui.
Il successo dell'"operazione Euro " dipenderà dalla
gestione coerente delle politiche economiche, dalla comprensione ed
accettazione di questa nuova realtà estremamente complessa per
l'eterogeneità degli europei in termini di istruzione, di reddito, di
categorie sociali, di abitudini di consumo, di lingua.
Le preoccupazioni tecniche hanno trascurato l'analisi
dell'impatto sulla società e sui cittadini di questo forte cambiamento di
vita e di abitudini.
Gran parte della popolazione europea ha percepito
l'unione monetaria come diminuzione di spese di bilancio ed aumento di
imposte, in un contesto già di elevata disoccupazione, di diffusa
precarietà prospettica, di inerzia, di comportamenti ed abitudini che
debbono trovare soluzione nella scuola attraverso l'istruzione degli
alunni ed il trasferimento dell'informazione nelle famiglie, come accaduto
in Gran Bretagna, nel 1971, al momento del passaggio al sistema decimale
della sterlina.
Il "libro bianco", presentato alla Commissione europea
dalla Sig.ra Edith Cresson, commissario per la ricerca, l'istruzione e la
formazione, parte dalla constatazione che tre grandi fattori di
cambiamento travagliano la società europea: 1) la mondializzazione
dell'economia con la globalizzazione degli scambi e dell'occupazione; 2)
l'avvento della società dell'informazione che trasforma le caratteristiche
del lavoro e l'organizzazione della produzione; 3) il rapido progresso
della scienza e della tecnica. Quali sono le risposte che istruzione e
formazione possono offrire per arginare gli effetti nocivi di queste
connotazioni della società cognitiva complessa?
 |
Rivalutare la cultura generale intesa come capacità
di cogliere il significato delle cose, di capire e di creare.
|
 |
Accettare la complessità come dato di fatto
esponenziale e peculiare della società contemporanea in continua
trasformazione e contenerla costruendo le "attrezzature mentali ed
operative" degli individui.
|
 |
Sviluppare l'attitudine all'occupazione attraverso
l'acquisizione di sempre nuove conoscenze.
|
La conquista del titolo di studio come unico
passaporto per il lavoro e riferimento assoluto delle competenze ha
significato rigidità del mercato del lavoro, spreco di talenti,
svalutazione dei settori professionali. Occorre una maggiore mobilità di
insegnanti, ricercatori, studenti quindi delle "conoscenze" accanto alla
circolazione di merci, capitali e servizi.
Mobilità, formazione continua, conoscenza di più
lingue comunitarie, istruzione multimediale comportano un nuovo sistema di
certificazione delle competenze personali. Il libro bianco di Delors
propone una "tessera personale delle competenze" che permetterebbe,
contrariamente al diploma che perde valore rapidamente, la valutazione
immediata delle conoscenze e competenze di ognuno, in ogni momento della
propria vita, in tutta l'Unione Europea.
L'Euro inciderà profondamente i destini dell'Europa
ormai tesa a passare dallo stato di comunità a quello di entità unica.
Dare a 370 milioni di abitanti la stessa unità di riferimento valutaria;
creare, attraverso l'uso quotidiano e la fitta rete di scambi commerciali
e finanziari, un mercato unico, dove gli interessi, le consuetudini, le
regole del vivere civile ed economico si intrecciano e si intensificano
significa omologare comportamenti.
Oltre che strumento di contatto, di lavoro, di
rapporti una stessa valuta per popoli diversi diventa un potente simbolo
di appartenenza.
La scomparsa dei cambi e delle oscillazioni di valore
fra una valuta e l'altra diventa un incontrollabile fattore di cambiamento
perché toglie ogni remora all'acquisto di un prodotto o di una operazione
finanziaria. Al "Supermercato Europa", tutto verrà espresso in Euro ed
ogni cittadino potrà assicurarsi il bene o servizio migliore al prezzo più
conveniente. Ogni offerta sarà concorrenziale e confrontabile in termini
di prezzo e di qualità, da qualsiasi paese provenga.
L'Euro inoltre non soffrirà le debolezze della valuta
di prima emissione in quanto l'Europa detiene il 38,3% del prodotto
interno lordo dei paesi industrializzati, avrà una crescente diffusione
come mezzo di pagamento nell'Europa dell'est, in Africa, nel bacino del
Mediterraneo e la prospettiva di diventare il più importante mercato
finanziario del mondo.
I sacrifici imposti dai parametri di Mastricht non
sono stati sopportati inutilmente. Cinque anni difficili di supermanovre,
di manovra di primavera, di eurotassa, hanno reso drammatico un ciclo di
vita nazionale conclusosi però con il recupero di "credibilità" accanto
alle valute europee forti e la speranza di raccogliere i benefici prodotti
dal rilancio dell'economia.
Dopo oltre mezzo secolo di pace, l'Europa degli Stati
nazionali, delle guerre, dei totalitarismi, delle divisioni, attraverso il
denominatore comune Euro, getta le condizioni per diventare un soggetto
economico unitario.
La costruzione è unidirezionale, quella dei mercati e
dei banchieri, non ancora delle istituzioni e della politica. Eppure
questa rivoluzione, senza precedenti nel vecchio continente e senza
confini ha un forte sapore politico, perché, senza costrizione, undici
paesi europei hanno dimostrato la volontà di battere l'Euro con caparbia
ostinazione, indipendentemente dalle alternanze di governo, dalla
congiuntura economica sfavorevole, dal tasso angosciante di
disoccupazione.
Questa suggestione di fine secolo non avrebbe senso e
significato senza gli avvenimenti che nell'ultimo decennio hanno connotato
il novecento e preparato questa identità comune: la sutura est-ovest, il
crollo del muro di Berlino che divideva concettualmente l'Europa,
restringendola all'occidente.
L'intuizione di Delors e degli altri padri di
Mastricht, per quanto azzardata, è stata vincente; l'Euro costituisce la
più importante delega di poteri e di sovranità, nella recente storia
europea, che non mancherà di avere conseguenze politiche; nel vecchio
continente, di fatto, si è creato un patrimonio di interessi comuni che
segnerà la storia del prossimo secolo.
Nicola Verrecchia


|