Le parole del preside non sono un Ipse Dixit (caso mai lo sono - al momento - gli ordini di senizio scritti): i docenti non sono fantozziani impiegati d'ordine, ma hanno una specifica professionalità e competenze altrettanto ben individuate oltre ad avere ben precisi diritti (come singoli e come membri di Organi Collegiali); i colleghi devono difendere con fermezza e dignità ogni attentato o tentativo di svilimento della loro professionalità e conoscere le loro competenze ed i loro diritti. Occorre conoscere bene gli ambiti della funzione direttiva, per poter controllare che essa si esplichi secondo quanto stabilito dalla normativa e non si configuri come eccesso di potere o abuso di autorità, contro cui si può esperire ricorso e di cui il capo d'istituto deve rispondere direttamente (Costituzione art. 28: "i funzionari e i dipendenti dello Stato.... sono direttamente responsabili, secondo le leggi penali, civili e amministrative, degli atti compiuti in violazione dei diritti").
Al capo d'istituto (ed il nuovo contratto non ha modificato nulla al riguardo) spetta "procedere alla formazione delle
classi, all'assegnazione ad esse dei singoli docenti, alla formulazione dell'orario, sulla base dei criteri generali stabiliti
dal consiglio d'istituto e delle proposte del collegio docenti" (DPR 417/74, art.3, comma 2). La nota del Ministero
della P.I. del 29/4/80 n. 1144 precisa che "i criteri generali e le proposte ... sono obbligatori nel senso che, qualora
manchino, l'atto finale è invalido" (cioè si può impugnare ad es. l'assegnazione discrezionale di un docente ad una
classe); inoltre "i criteri del consiglio d'istituto sono vincolanti" e, se il preside non si attiene alle proposte del
collegio deve motivarlo adeguatamente (altrimenti la sua decisione si può impugnare con ricorso).
Lo stesso articolo del DPR citato prescrive come preciso dovere del preside quello di presiedere gli Organi
Collegiali (tranne il Consiglio d'Istituto). Per i consigli di classe si ammette la possibilità di delega (a docente
membro del consiglio di classe) adeguatamente motivata (scritta). Se però la delega è per consigli di classe
deliberanti (scrutini) si può avanzare per via gerarchica quesito di legittimità e attendere risposta scritta: nel
momento in cui presiede il consiglio uno dei docenti della classe, infatti, il consiglio non è più perfetto perché manca
un membro (contro art.92 RD 653/1925 e artt 23 e 77 del RD 2049/1929, vedere anche Circ. Min. 252/1978). In ogni
caso chi presiede non può imporre dall'alto le sue decisioni al consiglio, che è sovrano nelle deliberazioni. Il voto
del preside vale il doppio solo in caso di parità.
Sempre lo stesso articolo del DPR citato assegna al preside la funzione di "curare l'esecuzione delle delibere degli Organi
Collegiali", che sono "atti amministrativi definitivi, non impugnabili per via gerarchica ma solo con ricorso al TAR o
al Presidente della Repubblica" (Consiglio di Stato, sez. II, parere n. 1114/80). Solo il Provveditore agli studi, in
caso di irregolarità, può "invitare gli Organi Collegiali a provvedere tempestivamente ad eliminare le cause delle
irregolarità stesse" (DPR 416/1974, art. 26, comma 6). Sulle deleghe date dai presidi ai collaboratori è il caso di
aggiungere, comunque, che non devono mai intralciare l'attività didattica (questo vale particolarmente nei casi di
vicepresidi con semi-esonero o senza esonero). Bisogna ricordare che di ogni danno all'attività didattica è sempre
e comunque responsabile in prima persona il docente, e che di principio il preside non può "allegramente"
distribuire attività di sua stretta competenza.